Alla ricerca del Bien-être



La Kemò-vad e il Bien-être

La Kemò-vad rappresenta una sorta di preparazione individuale al combattimento e manifesta le proprietà di una vera e propria forma di meditazione dinamica. Il suo scopo è quello di sviluppare la capacità di consapevolezza interiore del Kaui, il praticante della Kemò-vad, unitamente alla tonificazione della sua mente e del suo corpo.
Ma la Kemò-vad rappresenta anche una filosofia di vita legata ai valori della Natura e alla sua manifestazione mistica in una precisa esperienza di armonia.
Ancora oggi essa viene praticata con questo stesso intento per offrire l’occasione di realizzare una forma di benessere e di esperienza interiore con cui vivere la creatività del quotidiano e rapportarsi con il senso mistico del Mistero che è immanente all’universo.
L’esperienza della Kemò-vad, il cui significato letterale si traduce in “danzare nel vento”, travalica la semplice dimensione della Palestra in cui vengono eseguiti gli esercizi ginnici e si estende con la sua esperienza di benessere al senso più intimo del rapporto dell’individuo con l’esistenza.
La Kemò-vad rappresenta, oltre che la preparazione alla pratica agonistica, una esperienza di sintonia personale con la Natura da cui ricavare benessere. Un benessere che tuttavia non è solamente di natura psicofisica, così come si potrebbe evincere da un primo approccio alla sua pratica apparentemente ginnica.
La Kemò-vad non è infatti solamente una buona esperienza per tonificare efficacemente il corpo in tutte le sue funzioni, né solo una salutare pacificazione nei processi della mente. Essa consente di fatto una qualità di benessere che coinvolge anche la dimensione dell’interiore.
Una qualità che si estende sui vari livelli della sfera personale e del rapporto con gli altri e con il mondo che ci circonda. Una qualità interiore che i druidi bretoni definiscono ancora oggi con il concetto di “Bien-être”.
Bien-être non significa semplicemente un benessere di natura ordinaria e di luogo comune, ma rappresenta una precisa esperienza totalizzante che coinvolge tutto il proprio essere.
Il Bien-être è uno stato d’essere che tocca la salute, il piacere, l'armonia verso se stessi e gli altri, la realizzazione della consapevolezza di sé, la gioia di vita, la curiosità sul mondo e la capacità creativa con cui possiamo liberamente esprimerci.
Il Bien-être, o “sharka”, dall’antico termine sciamanico, è la conoscenza intima del mistero manifestato dall’esistenza che è implicitamente gioia di vita, poiché apre l’accesso alla sua partecipazione rendendoci protagonisti della vita stessa.
Uno stato d’essere che non deve essere confuso con l’egocentrismo, poiché si estende agli altri e al mondo che ci circonda attraverso l’Amore che la Natura è in grado di insegnare.
 

L’Armonia dell’Anima

L’esperienza del Bien-être si caratterizza con il raggiungimento di una gioia interiore. Quella stessa gioia vissuta da bimbi che si aprivano curiosi sulla vita. Gioia vissuta al mattino quando ci si alzava, la stessa che era vissuta alla sera quando il buio riempiva di cose altrettanto meravigliose il nostro senso di esistenza.



La gioia di essere vivi e di poter ammirare il via vai degli adulti, il colore dei prati e della vita che nascondevano, la meraviglia del cielo stellato e dell’altra vita sconosciuta che sicuramente doveva esistere nelle sue profondità, così come esistiamo noi, nati su questo pezzo di roccia scagliata nello spazio, che chiamiamo Terra.
Una esperienza di gioia che è stata purtroppo soffocata dal peso della cosidetta vita adulta in cui poco alla volta crescendo ci siamo trovati a vivere, accettando le sue ipoteche e le sue morali indirizzate solamente all’asservimento delle ideologie dominanti.
Oggi, ci troviamo ad esistere da adulti con il fardello di sovrastrutture culturali e mentali che sembrano aver spento la possibilità di realizzare la gioia di vita che conoscevamo da fanciulli.
Una dimensione che adesso non ritroviamo più, ipotecati dal richiamo culturale esercitato dalla società. Ci ricordiamo solamente che la nostra era una dimensione di gioia, di curiosità, di scoperta e di libera creatività. Completata dalla presenza di amici con cui giocare liberamente, senza troppi schemi comportamentali, e con cui confidarci sulle nostre paure ed esperienze, senza poi essere giudicati o messi all’indice a causa di qualsivoglia morale di turno.
Una libertà interiore e una gioia di vita, un Bien-être, che magari ritroviamo comunque in maniera occasionale attraverso la lettura di romanzi d’evasione o guardando film fantasy che riescono ad aprire uno squarcio nell’ovvietà castrante del quotidiano e ci aprono una fugace concessione sulla nostra condizione perduta.
Ma non è un caso se abbiamo perduto la nostra condizione di Bien-être giovanile, né tantomeno siamo impossibilitati a recuperarla.
Dobbiamo tenere in conto che siamo talmente assorti dalle ipoteche e dai miti del vissuto ordinario da dimenticare che l’esistenza non è solo quella che viviamo tra le mura della nostra abitazione, nei rapporti con gli altri, né nell’affanno a far carriera e denaro. Abbiamo dimenticato che esiste un piano reale dell’esistenza che trascende il nostro quotidiano in cui, da bimbi, ci trovavamo in sintonia e su ci aprivamo con curiosità e con tutta la nostra libera creatività.
Un piano di esistenza su cui ci siamo affacciati con la nostra nascita e in cui la nostra stessa esistenza personale trova senso. Un piano di esistenza che rimane pregno di mistero poiché, per quanto la scienza abbia spiegato migliaia di fenomeni, rimane ancora da capire dove, in quale fenomeno, ci troviamo ad esistere. Da dove è sorto l’universo e quali possono essere i suoi confini? Chi siamo e perché esistiamo in questo grande teatro che ci ha generati e che ci consente le nostre azioni quotidiane? Che sarà di noi quando, al di là di ogni sovrastruttura psicologica e ideologica, moriremo?
La scienza e le varie ideologie non sono state ancora capaci di rispondere a questi quesiti e si limitano ad imporre dogmi che inibiscono la nostra gioia interiore di vita. Una gioia che a volte è vista come espressione di ingenuità se non di peccato. Anche se poi accade che questi stessi potentati si sgomentino di fronte al Mistero immanente all’universo che non riescono a capire nonostante tutto.
Un piano di esistenza che da bimbi conoscevamo molto bene e che non ci procurava alcun timore. Anzi, ci incuriosiva e ci meravigliava, fortificando la nostra esperienza di essere vivi e di voler affrontare senza limiti la grande avventura della vita.
Un piano di esistenza che esiste al di fuori delle nostre aspettative quotidiane, e che l’antico druidismo identificava nella Natura, in un significato che travalicava l’estendersi delle praterie e del cielo stellato e che veniva racchiuso nel simbolismo di “Madre Terra”. Una modalità di intendere la Natura che il druidismo esprimeva nel concetto di “Shan”, una qualità globale e immateriale dell’esistenza che manifesta una sua precisa logica fenomenica. Una qualità dell’esistenza che risulta incomprensibile all’intelletto umano, a cui il druidismo attribuiva il valore di “Vuoto” concettuale, inesprimibile a mezzo di concetti, ma esprimibile attraverso l’intuizione interiore dell’Io consapevole dell’individuo.
Un valore immateriale che di per sé manifesta una sua logica fenomenica. La Natura infatti non si contraddice mai, e la sua qualità intrinseca si rivela sempre esaustiva a se stessa con precisi fenomeni che regolano lo sviluppo delle cose.
Questa logica naturale dell’esistenza può essere intesa come una manifestazione di Armonia. Entrare in sintonia con essa significa interpretarla sul piano della propria individualità e della propria creatività. Significa realizzare concretamente l’esperienza del Bien-être.
Contraddire l’Armonia con cui si manifesta la qualità reale dell’esistenza significa perdere la condizione di Bien-être ed essere coinvolti dal disagio esistenziale e talvolta dalla sofferenza di un ego apparentemente inibito e frustato nelle sue presunte necessità. Questo accade molto spesso, quando, nella logica storica del mondo ordinario in cui viviamo, le prospettive soggettive con cui viene interpretato il senso della vita può portare a scontrarsi con l’impossibilità di realizzare situazioni e progetti completamente personalizzati.
Quando poi altri fanno la stessa cosa, e ci si trova intersecanti sul loro percorso, ecco che nascono le conflittualità, spesso insanabili, che diventano abitualmente fonte di disagio e di sofferenza.

 

Vivere il Bien-être



Possiamo ritrovare la gioia di vita che è propria del Bien-être entrando in sintonia con la natura reale dell’esistenza per realizzare una dimensione di Armonia.
Questa Armonia può essere realizzata e vissuta dall’individuo sulle basi esperienziali della Kemò-vad, attuando il suo significato letterale di “danzare nel vento”, per realizzare sul piano individuale la stessa qualità dello Shan. Ovvero entrare in sintonia con la logica della Natura per divenire vento nel vento, simbolo con cui viene identificata l’invisibilità della natura reale dell’esistenza.
L’antico druidismo traeva dall’invisibilità e dalla forza del vento la simbologia per esprimere lo Shan. Per vivere l’Armonia della Natura era quindi necessario lasciarsi andare simbolicamente a questo vento per fondersi con esso e assecondare la sua azione invisibile con la danza sacra della Kemò-vad. Una gestualità in grado di sviluppare le energie evolutive dell’individuo sino alla conoscenza e quindi alla condizione di Bien-être.
L’antico druidismo asseriva che l'individuo, se vuole vivere la felicità che offre la dimensione del Bien-être, deve seguire la logica e il senso della Natura senza ostacolarla. Essa è completa e esaustiva a se stessa e tutto quello che avviene in essa è armonia. In questo senso, l’individuo non deve agire nell’esistenza sulla base delle proprie aspettative soggettive, determinate dalle ipoteche del suo mondo quotidiano. Non deve opporsi alla logica fenomenica della Natura per modificare l'armonia immodificabile dell'universo.
Andare contro la logica fenomenica dello Shan porta al di fuori dell’Armonia. Non vedere e non capire la logica fenomenica che è manifestata dallo Shan significa vivere nel disagio esistenziale. Il desiderio della propria autoaffermazione non può che portare, prima o poi, alla sofferenza.
Per realizzare il Bien-être occorre essere dunque “vento nel vento”, ovvero vivere in sintonia con la Natura. Cioè “vivere vivendo”, consapevoli e in sintonia con il Mistero, la natura mistica dello Shan, senza contrastare la logica fenomenica dell’esistenza di cui, non dimentichiamolo mai, anche noi siamo parte indissolubile.
Il Bien-être si può vivere solo quando l'individuo è in completa armonia con tutto l'universo e la sua azione è l'azione dell'universo stesso, che fluisce e opera attraverso di lui. Senza imporre i propri desideri al mondo, ma seguendo la logica della Natura.
 

La Kemò-vad come occasione di Bien-être

L’antica esperienza del druidismo suggerisce che per poter realizzare effettivamente l’Armonia con cui vivere il Bien-être è necessario realizzare l’esperienza del Silenzio interiore con cui sottrarsi all’ipoteca imposta dai sensi e dall’immaginativo mentale che, nel vissuto quotidiano, generano la percezione distorta e incompleta dell’esistenza.



Nella condizione del Silenzio è possibile entrare in contatto con la natura reale dell’esistenza, al di là di ogni prospettiva ideologica e di aspettativa personale. Nel Silenzio si rende manifesta con evidenza la natura del piano reale dell’esistenza, senza attributi concettuali che possano riportarla ai valori del vissuto quotidiano.
La Natura manifesta una sua identità priva di attributi concettuali, ed ha significato solo nella sua qualità fenomenica di valore neutro rispetto alle percezioni e alle interpretazioni che vengono fatte ordinariamente.
L’antica saggezza druidica affermava che non esiste realmente una montagna, è quanto si vede dell’esistenza in una parzializzazione concettuale data dalla mente. Così come non esiste una foresta o un cielo stellato. Un tavolo non è in definitiva un tavolo, ma una parte di esistenza che viene identificata come “tavolo”. Sono tutte percezioni soggettive della mente che discrimina secondo le funzioni che attribuisce di volta in volta ad un insieme globale in cui tutto è unito e intercomunicante a livello istantaneo. Se non ci fosse occhio umano a vedere l’universo, questo sarebbe l’universo per quello che è e non per quello che è interpretato come tale.
Nell’esperienza del Silenzio, acquietando i “rumori” sensoriali e mentali, l’individuo giunge a “vedere” l’aspetto reale della natura invisibile e immateriale dello Shan. In questo modo ha l’occasione di poter comprendere come entrare in sintonia con la sua logica fenomenica e realizzare i presupposti per poter vivere l’Armonia manifestata dalla Natura.
In questa dimensione l’individuo non avrà più aspettative soggettive da imporre alla Natura e al prossimo, ma potrà partecipare alla logica esperienziale dell’esistenza per dare corpo alla sua infinita creatività.
Tuttavia non sempre è possibile ottenere l’esperienza del Silenzio. Le situazioni del mondo ordinario tendono a richiamare alla logica soggettiva facendo perdere di vista i reali obiettivi primari. Si può tentare di realizzare la condizione di Silenzio con una passeggiata in mezzo alla Natura, isolandoci sotto un cielo stellato o paradossalmente immergendoci nell’ascolto di una musica. Ma purtroppo, saremo sempre bombardati dal richiamo delle incombenze del sociale in cui viviamo e dovremo impegnarci a trattenere quei momenti di pace e di contatto con il mistero che anima l’universo.
A fronte di questa difficoltà, l’antico druidismo propone l’esperienza della meditazione come strumento per realizzare il Silenzio attraverso una precisa prassi che consente di rendere permanente l’esperienza interiore raggiunta, determinando la prospettiva di un prosieguo di vita a venire.
Le origini della meditazione si perdono indietro nel tempo. All’inizio era costituita dalla pratica sciamanica che si apriva su tutti i percorsi possibili che consentivano di uscire dal sogno sensoriale vissuto nell’ordinario quotidiano. Poi vennero identificati i percorsi che portavano nella direzione del trascendente in cui l’Io consapevole poteva entrare in sintonia con la natura reale dello Shan.
La danza sciamanica si trasformò quindi nell’arte del movimento consapevole della Kemò-vad che poteva consentire il benessere psicofisico e portare al Silenzio interiore in cui incontrare il vero volto della Natura.
Attraverso la pratica della Kemò-vad divenne possibile “danzare nel vento” e realizzare, a più livelli di esperienza, l’Armonia manifestata dall’esistenza. Per ottenere, ad esempio, l’immediatezza dello stato di quiete e di pace mentale del “said” che può portare fuori da affanni e da fobie. E per avere la possibilità di aprirsi a tappe ulteriori di esperienza nel rapporto con la natura reale dello Shan. Verso stati percettivi di coscienza superiori che possono completare lo stato di conoscenza del nostro senso di esistenza e vivere sempre più concretamente la condizione di Bien-être.
Così com’è prerogativa inalienabile di ogni creatura vivente.




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